Con un movimento delicato di pollice e indice, Sofia fece scivolare il primo bottone dei jeans di Alex fuori dall’asola.
L’uomo, la mano destra stretta sul bracciolo del divano e la sinistra infilata tra due cuscini, fissava la bionda inginocchiata davanti a lui. Non riusciva a credere a quanto stesse accadendo.
TE L’HO DETTO CHE QUESTA ERA UNA POCO DI BUONO. CHI FA UN POMPINO ALLA PRIMA USCITA? La voce di Marica gli si insinuò nelle orecchie.
Alex si morse il labbro per non rispondere. Passò lo sguardo dalla faccia libidinosa di Sofia a quella ultraterrena e imbronciata della sua ex e abbozzò un sorriso.
La mano di Sofia gli strinse il membro e lo liberò dalla prigionia. Alex tese i muscoli, gettò la testa all’indietro e chiuse gli occhi.
USERÀ I DENTI, SARÀ IL POMPINO PEGGIORE DELLA TUA VITA!
Lui non rispose, tutte le facoltà mentali erano rivolte al pene che era stato appena avvolto dall’abbraccio umido della bocca di Sofia.
Lasciò i cuscini e portò la mano alla nuca di lei. Le infilò le dita tra i capelli e l’invitò ad andare più a fondo.
Il rumore metallico delle chiavi che facevano scattare la serratura infranse quell’attimo di goduria. Alex scansò la mano dalla testa di Sofia e scattò in piedi. Una fitta al pene gli strappò una smorfia di dolore.
TE L’AVEVO DETTO CHE AVREBBE USATO I DENTI! lo schernì Marica.
La porta si spalancò e un uomo fece irruzione in casa. «Bastardo!» urlò infilando la mano nella giacca.
Alex sollevò le braccia per indicare la sua innocenza, ma i jeans alle ginocchia e il pene sanguinante che puntava il soffitto dicevano il contrario.
La pistola che si ritrovò puntata in faccia chiudeva ogni spiraglio di contrattazione.
STAVOLTA SÌ CHE VIENI A TROVARMI!
***
10 giorni prima
Ancora
a occhi chiusi, Alex sentì l’oppressione dell’anello che gli
circondava la testa. Un beep cadenzato seguiva alla perfezione il
pulsare delle tempie. Dischiuse la bocca, in cui sembrava gli avesse
cagato un montone, e si passò la lingua sulle labbra. Era cuoio che
carezzava cuoio.
TERZO TENTATIVO ANDATO MALE, INIZIO A CREDERE
CHE TU LO FACCIA APPOSTA! La voce di Marica confermava le sue paure:
era ancora vivo.
Aprì gli occhi. A parte la sua ex, defunta e
seppellita, non c’era nessuno al suo capezzale.
Sdraiato su un
letto, una tenda bianca a separarlo dal mondo, aveva dei cavi che
sbucavano dal camice a righe orizzontali blu e arrivavano al monitor
sulla sua sinistra. Era quello, con il suo beep ritmico, a
rinfacciargli l’ennesimo fallimento.
«Finalmente ti sei
svegliato!» L’inopportuna voce allegra proveniva dalla sua
destra.
Alex si voltò e vide una ragazza bionda, la divisa
verde da infermiera, emergere da dietro la tenda.
«Sgree…»
rispose. La voce gli uscì roca e incomprensibile.
«Non ti
affaticare, parlerai più avanti.»
La ragazza andò al monitor,
poggiò l’indice sullo schermo e il beep smise di martellargli la
testa.
CARINA E UTILE: UNA RARITÀ!
Un po’ gli doleva
ammetterlo, ma Marica aveva ragione. Nonostante la situazione e la
mise, Alex trovava l’infermiera stranamente attraente. Forse per via
degli occhi azzurri, o per le forme mal celate sotto la divisa.
Oppure, più semplicemente, perché erano tre mesi che lui passava
tutto il tempo in compagnia di una morta.
«Ti abbiamo
riacciuffato per i capelli. Altri cinque minuti e andavi in arresto
respiratorio!»
Alex mugugnò una risposta tra il “che culo”
e il “la prossima volta fatevi i cazzi vostri!” ma non era ancora
in grado di articolare le parole.
«Sofia, mi serve un catetere
al cinque!» La testa di un’altra infermiera fece capolino da dietro
la tenda. La donna incrociò lo sguardo di Alex e corrucciò il naso.
«Il suicida si è svegliato… ti ha già detto il nome?»
chiese.
FINALMENTE UNA CHE GIUSTIFICA IL MIO AMORE PER IL MONDO.
QUESTA È SIMPATICA COME UNA PALATA DI LETAME!
«No, ancora non
parla.»
«Allora vai a sistemare il tricheco che è arrivato
alla cinque, a lui penseremo dopo.» L’ultima arrivata sparì coperta
dalla tenda.
«Risposa ancora un po’, ci vediamo dopo.» Sofia
si congedò passandogli le dita sul torso della mano.
Alex la
osservò andare via: anche da dietro non era male.
SEI UN
PORCO!
***
Vista
da vicino, la canna della pistola faceva paura. Non che Alex ne
avesse mai vista una da lontano, ma era certo che l’effetto fosse
diverso.
In passato aveva preso in considerazione la possibilità
di spararsi, ma l’idea del proiettile che gli sfondava il cranio gli
dava il ribrezzo. E Poi non sapeva dove procurarsene una. Non fosse
stato in quella situazione, avrebbe chiesto al marito di Sofia dove
l’avesse presa.
«Quindi questo è uno delle merde che ti
scopi?» urlò l’uomo.
La ragazza non rispose. Era ancora seduta
a terra, le ginocchia al petto e uno strano ghigno sul volto.
NO,
SHERLOCK. GLI STAVA SOLO FACENDO IL BOCCA A BOCCA MA HA PRESO MALE LE
MISURE…
Alex inclinò la testa di lato, sollevò un
sopracciglio e trattenne una risata. Effettivamente la domanda era a
dir poco retorica.
«E tu, che cazzo ti ridi?» L’uomo doveva
essersi accorto del sorriso trattenuto.
Il calcio della pistola
che colpì Alex al mento era il modo del marito di Sofia per
manifestare l’inopportunità del gesto.
NON SI RIDE DAVANTI A
UN’ARMA! sottolineò Marica.
Mentre viaggiava di faccia verso il
pavimento, Alex si disse che era stato un po’ scortese, ma ormai era
troppo tardi per scusarsi.
GIÀ, E COMUNQUE NON MI SEMBRA UN
TIPO RAGIONEVOLE!
***
3 mesi e 10 giorni prima
La
stanza era quella in cui si era sentito felice in compagnia di
Marica, ma di quel periodo erano rimaste solo due foto appoggiate a
testa in giù sulla scrivania.
Alex, seduto sul divano, fissava
la televisione spenta nel tentativo di trovare uno stimolo per
alzarsi, per passare oltre. Non usciva dal giorno del funerale di
lei, che avevano celebrato un mese dopo l’esplosione del palazzo.
Tanto era servito agli inquirenti per stilare la lista dei morti di
quel tremendo incidente in cui lui era sopravvissuto
miracolosamente.
MIRACOLOSAMENTE… La voce di Marica lo strappò
dai suoi pensieri.
Alex si voltò e la vide, bella come sempre.
Un metro e cinquanta per novanta chili, stretti in un vestito giallo
a tubetto.
«Speravo di rivederti!» disse con gli occhi gonfi
di pianto.
IO SPERAVO DI RIMANERE VIVA, MA NON POSSIAMO AVERE
TUTTO.
«Come stai?»
MORTA.
«A parte questo?»
TUTTO
TRANQUILLO. NON SO ANCORA PERCHÉ SONO ESPLOSA CON L’INTERO PALAZZO,
MA PER IL RESTO TIRIAMO AVANTI. TU, CONTINUI A NON RICORDARE
NULLA?
«Purtroppo…»
IMMAGINO SIA STATO UNO CHOC PER
TE.
«Mi manchi tanto.» Le lacrime abbandonarono gli occhi di
Alex e gli bagnarono le guance.
NON DEVI PIANGERE, ORA SONO QUI
CON TE… Marica fece due passi, raggiunse il divano e si sedette
accanto ad Alex. GUARDIAMO QUALCOSA? chiese facendo comparire dal
nulla una ciotola piena di rane fritte.
«Con te farei qualsiasi
cosa» Alex sorrise, impugnò il telecomando e accese il
televisore.
ALLORA IL FILM LO SCELGO IO!
***
Il
pavimento premuto contro la guancia, a ricordargli quanto fosse dura
la vita, Alex ammirava le scarpe del marito di Sofia. Sapeva della
sua esistenza e del suo carattere irrequieto, ma non aveva immaginato
che l’avrebbe conosciuto così.
«Alzati, bastardo!» sbraitò
l’uomo sbattendosi la porta alle spalle.
Alex poggiò il palmo
destro a terra e si mise in ginocchio. Aprì la bocca e una leggera
fitta alla mandibola gli ricordò quanto fosse sbagliato ridere in
faccia a uno che impugnava una pistola.
«Da quanto te la
scopi?»
Indubbiamente quella domanda nascondeva delle insidie,
però non sarebbe stato saggio tacere.
DIGLI LA VERITÀ, AMMETTI
DI ESSERE ANCORA VERGINE!
«Nonostante le apparenze, vorrei
dirle che io e Sofia non abbiamo ancora consumato
l’amplesso…»
L’uomo, con la destra, l’afferrò per i capelli
e lo costrinse ad alzare la testa.
Alex si trovò faccia a
faccia con il suo aggressore che gli infilò la canna della pistola
in bocca.
BUFFO QUANTO QUESTA POSIZIONE RICORDI QUELLA DI POCO
FA.
«Non prendermi per il culo, lo so che sono mesi che ve la
scopate!»
Le parole dell’uomo aprivano a nuove prospettive, era
il caso di iniziare a valutare la possibilità che Alex si fosse
trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Lui conosceva Sofia
da non più di dieci giorni.
TE L’HO DETTO CHE ERA UNA POCO DI
BUONO…
***
7
giorni prima
IN
OSPEDALE TE LA PASSI MEGLIO CHE A CASA…
Ad Alex non sfuggì il
tono sarcastico di Marica, ma fece finta di nulla e tornò a guardare
la televisione.
In
una settimana aveva cambiato tre compagni di stanza ma, a parte
l’anziano che non era stato zitto un istante, con gli altri non era
andata male. Quest’ultimo poi era il migliore, passava più tempo nei
corridoi che nella loro doppia.
SARÀ MICA PER LE VISITE DELLA
TUA INFERMIERINA…
Come a voler sottolineare le parole di
Marica, Sofia irruppe nella stanza.
«Come sta oggi il mio
sopravvissuto preferito?» La ragazza aveva l’aria sbarazzina della
bimba che va al pigiama party dalle amiche.
«Bene, anche se in
TV non passa nulla di interessante!»
NON È VERO, FORUM CI È
SEMPRE PIACIUTO!
Sofia gli stampò un bacio sulla fronte e passò
oltre. Raggiunse la finestra, scostò la tenda e la luce invase la
stanza.
Alex a socchiudere gli occhi e portò il braccio a
protezione.
«Non puoi stare al buio, non sei ancora
morto.»
«Cerco di abituarmi all’idea.»
«Smettila!»
Sofia, il volto contrito, tornò sui suoi passi e raggiunse il letto
di Alex. Si sporse e gli afferrò la mano. «So che non avrei dovuto,
ma ho parlato con la psichiatra e letto il tuo fascicolo» disse
abbassando lo sguardo.
PERFETTO, ABBIAMO UNA STALKER.
«Tu
ti stai punendo per la morte di Marica.»
VORREI BEN
VEDERE…
«No!» rispose d’istinto, ma sapeva di aver mentito:
era colpa sua.
«È normale che tu lo faccia, sei l’unico
superstite di quell’esplosione.»
«Non è per quello…»
«Certo
che è per quello. Ti accusi per la fortuna che hai avuto, però hai
già pagato: sei stato in coma per due giorni.»
Alex ritrasse
la mano e la nascose sotto il lenzuolo.
«E ora hai paura di
vivere. Trovi ingiusto che lei sia morta mentre tu sei ancora qui.»
È
INGIUSTO SÌ, SEI UN ASSASSINO!
«Io l’ho uccisa!» Alex non
riuscì a trattenere i singulti.
«No che non l’hai fatto»
Sofia infilò la mano sotto il lenzuolo e afferrò quella di lui. «È
stata l’esplosione del laboratorio.»
Alex abbassò la testa e
guardò le lacrime tuffarsi oltre la punta del suo naso.
NON
PIANGERE, DILLE LA VERITÀ.
«Perché fai questo, perché vuoi
aiutarmi?»
«Perché anch’io una volta stavo per commettere una
fesseria.»
La mano di Sofia comparve sotto gli occhi di Alex.
La girò e mostrò una lunga cicatrice che dal polso arrivava a metà
avambraccio.
«Mio marito mi picchiava e io credevo fosse colpa
mia. Ho dovuto assaporare la morte per trovare il coraggio di
lasciarlo!»
PERFETTO. QUESTA HA MANIE SUICIDE CHE LE HANNO
CAUSATO LA SINDROME DELLA CROCEROSSINA: LA TIPA ADATTA A UNO
SVALVOLATO COME TE!
***
«Dario,
lui non c’entra.» Sofia dava segni di vita.
La situazione
cambiava di poco ma almeno l’ex marito, che finalmente aveva un nome,
avrebbe rivolto le attenzioni su di lei.
Alex approfittò
dell’attimo di distrazione dell’uomo per guardarsi attorno alla
ricerca di qualcosa da usare come arma.
NON CI PENSARE NEMMENO,
NON HAI LA STOFFA DELL’EROE!
Aveva ragione lei, ma non era
quello il momento di essere negativi, serviva l’ottimismo della
vecchia Marica.
QUELLO È STATO SEPPELLITO CON L’INDICE CHE
HANNO TROVATO. OPPURE È ESPLOSO CON IL RESTO DEL CORPO. NON
SAPREI…
Dario estrasse la pistola dalla bocca di Alex a la
puntò contro Sofia.
«È ancora per quella storia?» L’uomo
avanzò di qualche passo verso l’ex moglie, dandogli le spalle.
«La
chiami “quella storia”? Tu mi massacravi di botte!» La ragazza
aveva smesso i panni della vittima impaurita e sbraitava, le vene del
collo gonfie e le mani che le tremavano.
«È successo una sola
volta. Ho sbagliato…» Adesso era Dario a sembrare in
difficoltà.
«Una volta mi hai mandato all’ospedale, ma quante
volte mi hai colpita?»
ORA! urlò Marica vedendo l’uomo
impegnato.
Alex si alzò di scatto e si lanciò sul braccio di
Dario che impugnava la pistola. Gli afferrò il polso e lo strattonò,
ma si vedeva che l’altro era più avvezzo alla lotta.
Un gancio
sinistro colpì Alex allo zigomo e lo proiettò indietro di qualche
metro. Impattò con la schiena contro il pavimento e con la nuca al
muro. La stanza gli girò attorno e le immagini si fecero
sfocate.
RESTA CON ME, NON SVENIRE!
***
40 giorni prima
«Signor
Sponti, leggo che lei ha dei precedenti di schizofrenia con
allucinazioni.»
Alex distolse lo sguardo dalla foto poggiata
sulla scrivania, che ritraeva la donna con cui stava parlando in
compagnia di un bell’uomo e due bambini sui dieci anni, e
annuì.
«Segue ancora la terapia che le è stata
prescritta.»
«Sì.»
BUGIARDO!
«Dopo l’incidente a
lavoro, qualche mio collega l’ha rivalutata?»
«No, ma ho visto
uno psichiatra quando mi hanno ricoverato per l’intossicazione da
benzodiazepine del mese scorso.»
«Anche l’altra volta le aveva
prese “per sbaglio”?»
«Sì!»
LO SA CHE STAI
MENTENDO. NEMMENO UN IDIOTA SI SCOLEREBBE PER SBAGLIO UNA BOCCETTA DI
ANSIOLITICI.
«Eppure a me sembra un caso strano. È sicuro che
non ci siano voci a spingerla a farlo?»
«No»
QUESTO È
VERO. IO MICA VOGLIO FARTI AMMAZZARE, VOGLIO SOLO RIABBRACCIARTI…
La
dottoressa, seduta dall’altra parte della scrivania in
quell’ambulatorio spoglio del Pronto Soccorso, portò una penna alla
bocca e iniziò a mordicchiarla.
SI VEDE CHE È NERVOSA, SECONDO
ME È PAZZA.
Alex portò la mano destra alla fronte e iniziò a
massaggiarsi le tempie.
«Ha mal di testa?»
«Sì»
«Le
capita spesso dopo l’incidente?»
«A volte.»
«E
prima?»
«Uguale.»
Seguì un lungo silenzio che la
psichiatra utilizzò per leggere qualcosa al monitor del
computer.
SECONDO ME STA CERCANDO IL POSTO PER ANDARE IN
VACANZA, OPPURE STA DECIDENDO SE INTERNARTI…
«Continua
l’amnesia per quanto riguarda il giorno
dell’esplosione?»
«Sì.»
BUGIARDO, DILLE CHE ORA TI
RICORDI TUTTO!
«Nulla?»
DAI, DIGLIELO CHE MI HAI UCCISA
PER SBAGLIO MENTRE FACEVAMO L’AMORE NEL TUO UFFICIO E POI SEI SALITO
NEI LABORATORI DOVE HAI INNESCATO L’ESPLOSIONE
RITARDATA.
«Niente.»
«Nemmeno cosa ci faceva sul
tetto?»
QUESTO NON PUOI DIRGLIELO. NESSUNO CREDEREBBE CHE UNO
SANO DI MENTE VOLESSE SALTARE SUL TETTO DEL PALAZZO AFFIANCO PER
SCAPPARE. SE LO RACCONTI TI RICOVERANO VERAMENTE.
«La polizia
sostiene che probabilmente cercavo una via di fuga…»
«… e
che l’urto della detonazione l’abbia scagliata nel palazzo davanti.
Sì, ho letto.»
QUESTA EFFETTIVAMENTE È STATA FORTUNA.
«Devo
aver saltato tra l’incendio e l’esplosione.»
«Bene.» La
psichiatra si alzò dalla sedia. «Onestamente credo che l’esperienza
vissuta possa aver peggiorato il suo stato. La ricovereremo qui in
reparto per qualche giorno e cercheremo di giungere a una diagnosi.
Vedrà che tornerà a star bene.»
«Grazie» fu l’unica
risposta di Alex la cui esperienza gli aveva insegnato che lottare
peggiorava solo le cose.
FINALMENTE MI PORTI IN UN POSTO NUOVO.
***
Quando
la stanza smise di girare attorno ad Alex, c’era silenzio. A pochi
metri da lui, Sofia fronteggiava a testa alta Dario, che continuava a
puntarle la pistola contro.
PERÒ, HA LE PALLE LA RAGAZZA!
«Non
puoi buttare una storia di cinque anni per un errore.» La voce
dell’uomo era quasi una supplica.
«Hai ragione, dovevo farlo al
primo schiaffo!»
«Non dire così, lo facevo per amore.»
«No,
l’amore non può essere violento!»
L’ex marito allungò la mano
libera e la poggiò sulla guancia di Sofia. «Scusami, non lo farò
più. Io ti amo!»
La ragazza gli afferrò il polso e lo
torse.
Dario si girò dandole le spalle, una smorfia di dolore
in volto.
Sofia lo colpì con la pianta del piede dietro le
ginocchia e lo buttò a terra. Sollevò ancora più in alto il
braccio strappandogli un urlo.
«Butta la pistola!» gli
ordinò.
Alex osservava la scena a bocca aperta. Forse anche lui
avrebbe dovuto fare la stessa mossa prima.
QUESTA È IL MIO
NUOVO IDOLO! esultò Marica.
Dario mollò la presa sulla pistola
che ricadde a terra. «Smettila, così mi spezzi il braccio»
piagnucolò.
«Sai quante volte ti ho supplicato allo stesso
modo?» La voce di Sofia era più profonda del solito.
«Ti
chiedo scura, perdonami!»
«Tieniti le preghiere per dopo.»
Gli occhi della ragazza brillarono. «Alex, per favore, mi
prenderesti il nastro americano e le corde che trovi nel cassetto in
basso della cucina?» chiese con tono affabile.
NON È STRANO
CHE TENGA CERTA ROBA IN CASA?
Effettivamente lo era, ma non gli
sembrava quello il momento adatto a contraddire l’infermiera. E poi,
finalmente, era uscito da quella situazione.
RIBADISCO IL
CONCETTO: QUESTA È LA TIPA ADATTA A TE!
***
1
giorno prima
«Quindi
domani ci lasci?» Sofia sorrise ma un velo di tristezza le passò
sugli occhi.
«Sì, ho avuto anche l’okay della psichiatra. Dice
che dovrò presentarmi due volte a settimana al C.P.S. ma che
stavolta mi vede meglio. Forse è merito tuo…»
L’infermiera
divenne rossa in viso.
VAI TRANQUILLO, FAI COME SE IO NON CI
FOSSI!
«Ciò non vuol dire che non dobbiamo più vederci»
azzardò Sofia.
«Che intendi, devo farmi ricoverare di nuovo?»
chiese Alex.
NO, SCEMO. TI STA INVITANDO A USCIRE.
«Beh,
no. Sto solo dicendo che fuori di qui c’è un mondo…»
Alex la
guardò interdetto. Frequentava gli ospedali da una vita ma non
avrebbe mai pensato che dentro ci avrebbe potuto trovare qualcosa più
di una scarica di psicofarmaci.
«Certo…» balbettò.
«Allora
è deciso, domani stasera ci vediamo da me a cena. Dubito che avrai
qualcosa di commestibile a casa tua dopo dieci giorni di
assenza.»
VERAMENTE È SEMPRE COSÌ.
Sofia afferrò un
pezzo di carta e ci scrisse sopra qualcosa. «Questo è il mio
indirizzo, ci vediamo alle venti» disse, porgendogli
l’appunto.
QUESTA È STRANA…
***
Alex
fece l’ultimo giro di nastro americano attorno ai polsi di
Dario.
«Finito» disse alzandosi e osservando la sua
creazione.
«Bravo, nello stesso mobile, nel cassetto accanto,
troverai dei teli di plastica trasparenti. Prendine due.» La voce di
Sofia non era minacciosa ma il fatto che non avesse ancora abbassato
la pistola lo rassicurava poco.
SECONDO TE COSA SE NE FARÀ
DELL’EX MARITO?
«Vuoi che chiami la polizia?» chiese Alex
andando in cucina.
«No, per quello c’è tempo. Prima devo
spiegare un paio di cose a questo qui!»
I teli erano dove gli
era stato detto. Alex li prese e tornò in sala dove l’infermiera,
con lo spago, aveva legato insieme il nastro delle caviglie con
quello ai polsi di Dario, incaprettandolo.
«Credevi non mi
aspettassi una tua visita?» stava chiedendo la ragazza all’ex marito
che si scuoteva nel vano tentativo di liberarsi.
«Secondo te
perché non ho cambiato la serratura? Ti aspettavo per fartela
pagare, così com’è capitato agli altri…»
OKAY, QUESTA
INIZIA A FARMI PAURA.
«Visto che mi spiavi qui sotto, non ti
sei mai chiesto che fine facessero quelli che mi portavo in
casa?»
CARO, SE LUI NON S’È MAI POSTO IL PROBLEMA MI SEMBRA IL
CASO CHE SIA TU A FARLO. CHI SONO GLI ALTRI E CHE FINE HANNO
FATTO?
«Scusa se ti interrompo, Sofia. Visto la piega che ha
preso la serata io me ne andrei.» A dirla tutta non gli interessava
degli altri, ma solo della sua di pelle.
«Hai ragione, mi
spiace ci abbiano interrotti.» La ragazza abbassò la pistola e gli
andò incontro. Lo raggiunse e si sollevò sulle punte per
baciarlo.
«Possiamo sempre riprendere il discorso un’altra
volta…» propose Alex.
Senza rispondere, lei poggiò le labbra
su quelle di lui.
Un pizzico al collo lo scosse. Si ritrasse dal
bacio e guardò Sofia che aveva una siringa mezza vuota nella mano
sinistra.
«Ma cosa…» provò a chiedere cadendo
all’indietro.
MI SA CHE TI HA DROGATO!
«Credi veramente
che io mi sia bevuta la storiella della morte accidentale della tua
ragazza? È sempre colpa di voi uomini se una donna viene uccisa!»
Sofia aveva gli occhi fuori dalle orbite e un’espressione folle in
viso.
NELLA SUA PAZZIA, LA RAGAZZA CI HA PRESO…
Alex
provò ad alzarsi, ma il suo corpo aveva già smesso di
rispondere.
«Non ti preoccupare, io non sono un uomo, non ti
farò soffrire…»
Mentre la stanza attorno a lui spariva, Alex
vide Sofia andare al mobile accanto al televisore, aprire un’anta ed
estrarre una tuta da imbianchino macchiata di rosso.
Chiuse gli
occhi, diventati troppo pesanti, e si cullò all’idea che presto
tutto sarebbe finito. Grazie a quell’aiuto inaspettato stava mettendo
fine alla sua vita e presto avrebbe riabbracciato Marica.
E
PENSI CHE I TUOI GUAI SIANO FINITI? IO E TE ABBIAMO ANCORA DEI CONTI
IN SOSPESO…